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sabato 28 maggio 2011

Aggredito perché gay, nel locale gay più

Due uomini sono stati arrestati per l’aggressione di sabato notte ai danni di un omosessuale nel bagno del famoso locale gay di New York, Stonewall: quello che nel 1969 vide nascere la prima resistenza gay alle vessazioni della polizia, nel cui anniversario si celebra ogni anno il gay pride. La vittima del pestaggio si chiama Ben Carver, ha 34 anni e ieri – stanco del sensazionalismo con cui alcuni giornali continuavano a trattare la notizia della sua aggressione – ha raccontato nei dettagli l’episodio sul suo blog per precisare quello che è successo.
Ero andato a New York per passare un weekend con il mio fidanzato. Ci eravamo incontrati con degli amici a Stonewall, famoso perché considerato il locale in cui iniziò il movimento di protesta per i diritti dei gay negli Stati Uniti. Stavo bevendo una cosa con i miei amici, ma ero perfettamente in possesso delle mie facoltà (in altre parole, non ero ubriaco). Sono andato in bagno, una stanza molto piccola con solo lo spazio sufficiente per due orinatoi e un lavandino. Due uomini mi stavano aspettando lì, uno stava orinando. Sono andato anch’io a fare la pipì accanto a lui, e lui mi ha chiesto se ero gay. Ho risposto di sì e gli ho chiesto, «Ma lo sai dove siamo?». Lui ha risposto: «In un bar gay. Non pisciare accanto a me frocio». Ero di buon umore quindi il suo commento mi è scivolato addosso. Ma poi l’altro uomo mi ha chiesto un dollaro. Gli ho risposto che non ce l’avevo. L’altro allora ha detto, «Che ne dici di venti?». Allora io mi sono messo a ridere e ho detto, «Non ho nessuna intenzione di darvi dei soldi». Ho chiuso la cerniera dei pantaloni e quando mi sono voltato ho realizzato che si erano messi davanti alla porta per bloccarla e che mi fissavano. A questo punto mi sono reso conto che la situazione poteva diventare violenta. Uno di loro ha detto, «non starai mica facendo resistenza, vero?». Risposi, «ho solo una carta di credito, non ho soldi in contanti ma anche se ne avessi non ve li darei». Poi ho fatto un passo indietro e ho detto, «non peggiorate la situazione, per favore spostatevi e lasciatemi uscire». A quel punto l’uomo che poi ho scoperto chiamarsi Matthew mi ha dato un pugno in faccia.
L’altro uomo, Orlando, mi ha placcato e mi ha bloccato le mani. Matthew mi ha colpito in testa circa quattro volte prima che riuscissi a sottrarmi. Considerando che il bagno era molto piccolo, non avevo molto spazio di manovra a disposizione. Tutto è successo molto rapidamente quindi non posso ricordare ogni singolo movimento, ma non credo ci sia bisogno di dire che è stato tutto molto violento mentre cercavo di fare di tutto per liberarmi. Mi ricordo tre distinte serie di colpi sferrati da Matthew sulla mia testa, separati da momenti in cui il nostro corpo a corpo gli impediva di colpirmi. Credo che mi abbia colpito in testa almeno una dozzina di volte. Sono riuscito a liberarmi facendo sbattere la schiena di Orlando contro Matthew e contro la parete. Quindi sono riuscito a liberare la mia mano sinistra, con cui ho colpito la faccia di Matthew tre o quattro volte. Quello mi ha consentito di guadagnare abbastanza spazio per liberarmi. A quel punto ho visto una bottiglia di birra che era stata lasciata nel lavandino. L’ho presa e ho cercato di colpire più forte che potevo una delle loro mani, ma l’ho mancata. Allora gliel’ho tirata contro. Loro si erano spostati indietro la prima volta che avevo agitato la bottiglia e questo mi ha dato abbastanza spazio per scappare dal bagno e correre verso il bar.
Avevo sangue che mi usciva dal mio occhio destro e ero molto stordito, ma ho appoggiato le mani sul tavolo da biliardo appena fuori dal bagno e ho cercato, guardando con il mio occhio buono, di trovare una palla da usare come arma, sapendo che loro erano subito dietro di me. Sul tavolo non c’era niente, allora mi sono voltato e ho visto che Matthew era già lì. Mi sono lanciato contro di lui e ho cercato di colpirlo con tutta la forza che avevo ma l’ho mancato. A questo punto i ricordi diventano più confusi. Ho sentito urlare, qualcuno mi ha preso dalle spalle e alcune persone si sono messe tra me e i due uomini. I due sono scappati dal bar e io ho subito detto al gestore del locale che avevo subito un’aggressione omofoba. Sono tornato in bagno per lavarmi la faccia dal sangue, poi sono tornato al bar, dove mi hanno dato un sacchetto con del ghiaccio. Sono rimasto lì, cercando di rimanere calmo e ho chiesto un whiskey mentre il mio fidanzato insieme ad alcune delle persone che lavorano nel locale cercavano di inseguire i due aggressori fuori. Ha chiamato la polizia mentre li inseguiva e alla fine la polizia è riuscita a prenderli, grazie soprattuto al lavoro di identificazione di uno dei due ragazzi del bar che li avevano inseguiti. Vorrei far notare che lo staff dello Stonewall non si fa mettere i piedi in testa facilmente. Sono quelli che piacciono a me. Mi piacerebbe molto offrire loro un drink.
I due ragazzi arrestati si chiamano Matthew Francis e Christopher Orlando e hanno 21 e 17 anni. Sono stati accusati di aggressione, crimine razziale e tentativo di furto.
Ho letto molti commenti lasciati online ai vari articoli che parlavano di questa storia e sono molto infastidito da quelli, sia gay che etero, che hanno reagito a questo episodio proponendo di rispondere con atteggiamenti altrettanto violenti. Credo che dobbiamo fare qualcosa di meglio di questi bulli e che non dobbiamo rinunciare al nostro potere fomentando pensieri di paura e di violenza. Non dobbiamo cedere a queste forme irrazionali di pensiero. Da parte mia, li ho perdonati immediatamente. La legge deciderà che punizione assegnare loro, e io cercherò di rispettare qualsiasi decisione verrà presa. Quello che spero, è che da qualche parte il giudice decida di inseriere l’obbligo per questi due uomini di essere informati sull’importanza di Stonewall, su quello che significa per la comunità gay e su quanto la vita umana sia preziosa e la violenza non sia mai accettabile.

Il sindaco di New York chiede i matrimoni gay

Ieri il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha chiesto una nuova legge per consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso. «È arrivato il momento di consentire a milioni di uomini e donne di diventare pienamente membri della famiglia americana, dobbiamo continuare il cammino iniziato dai nostri padri fondatori». Durante il suo discorso alla università Cooper Union di Manhattan, Bloomberg ha ricordato Stonewall, il locale di New York che nel 1969 vide nascere la prima resistenza gay alle vessazioni della polizia, e nel cui anniversario si celebra ogni anno il gay pride.
Il sindaco di New York ha parlato sull’altro lato della strada di Manhattan in cui oltre 150 anni fa Abraham Lincoln tenne uno storico discorso contro la schiavitù che gli guadagnò il consenso dei leader repubblicani e favorì la sua candidatura alle elezioni presidenziali. «Oggi la maggioranza degli americani è a favore del matrimonio gay e sempre di più le persone giovani tendono a vedere il matrimonio gay come negli anni Sessanta si vedevano i diritti civili», ha aggiunto Bloomberg «La prossima grande barriera della nostra generazione è il divieto sui matrimoni gay. Non è una questione di se, è una questione di quando».
Durante la sua prima campagna elettorale Bloomberg non si era mai pronunciato apertamente sul tema del matrimonio gay. Soltanto con la sua ricandidatura nel 2005 decise di prendere una netta posizione in favore. «Quando incontro un newyorkese che è gay o quando parlo con i membri del mio staff che sono gay non riesco a dirgli che lo stato di New York si sta comportando bene con loro», ha spiegato ieri. «Quando guardo mia nipote negli occhi, Rachel, non riesco a dirle che è giusto che il suo stato non le consenta di sposarsi. Le unioni civili non sono abbastanza. Nella nostra democrazia, la quasi uguaglianza non è uguaglianza». Il senato dello stato di New York aveva respinto una proposta di legge sui matrimoni gay nel 2009.

RAGUSA: TRANS CROCIFISSE E GAY SANGUINANTI CONTRO L'OMOFOBIA






Di certo i ragusani se la ricorderanno per un po' la singolare protesta messa in scena ieri in piazza San Giovanni per spingere Ragusa a riflettere sull'omofobia e la transfobia.
Due trans, Gloria Tramaglia e Morgana Gargiulo, si sono fatte simbolicamente crocifiggere a rappresentare le vittime della violenza omofoba e transfobica, ma anche dell'indifferenza della politica che si ostina a non volere affrontare la questione, come testimonia la lunga vicenda della legge contro l'omofobia.
Stando alle testimonianze dei presenti, la "crocifissione" ha avuto momenti di particolare intensità emotiva quando alcuni passanti, attirati dalla particolare scena che si presentava davanti ai loro occhi.

Un'iniziativa tanto pacifica quanto forte nei toni. Con una tunica bianca e un cordone rosso ai fianchi, a rappresentare rispettivamente la purezza e il sangue del sacrificio, le due trans hanno voluto rappresentare "il martirio di persone innocenti", ha spiegato Gloria Gramaglia, dell'associazione Libellula, a Telenova.
Difronte alla crocifissa, alcuni ragazzi volontari di Arcigay truccati come vittime di pestaggi, con occhi tumefatti e sanguinanti sottolineavano, oltre alla violenza fisica, quella psicologica dell'indifferenza.
Anche il luogo scelto per la protesta non è casuale. Su Piazza San Giovanni, infatti, si affaccia anche la cattedrale di Ragusa.
Gay.it - Ragusa: trans crocifisse e gay sanguinanti contro l'omofobia"Allo Stato non deve importare la sessualità dei cittadini. Si tratta di estendere diritti che sono di tutti - spiega ancora alla stampa locale Salvatore Milanapresidente di Arcigay Ragusa -. Il diritto di vivere la propria vita, la propria affettività. Il diritto ad essere tutelati. Ed invece, da fatti come quelli che avvengono attualmente in parlamento e da dichiarazioni che sentiamo anche a livello locale, ci sentiamo feriti e uccisi".
Vale la pena di ricordare che Morgana Gargiulo è candidata al consiglio comunale nella lista di appoggio al sindaco uscente Nello Dipasquale del centrodestra che, a quanto pare, nei giorni scorsi aveva dichiarato che la famiglia nasce dal matrimonio e quindi dall'unione di un uomo e una donna.

"I ragazzi che si sono distesi in piazza, fingendosi morti, l’hanno fatto perlanciare un messaggio, ovvero l’indifferenza uccide - ha spiegato Milana a RagusaNews -. E non è giusto che i nostri diritti non vengano nemmeno presi in considerazione. Nessuno, e così rispondiamo anche al sindaco Dipasquale, ha mai parlato di matrimoni, ma di unioni civili che crediamo siano la strada giusta".

EUROPRIDE AI FUTURI SINDACI: FATE QUALCOSA DI GAY

"Accelerazione netta sui registri delle famiglie anagrafiche, campagne di sensibilizzazione all'omofobia e ala transfobia reali, rapporti diretti con l'associazionismo, partecipazione ad eventi della comunità lgbt e, perché no, di ricordare e promuovere l'uso del preservativo". Sono queste le richieste che il comitato organizzatore Europride rivolge ai sindaci che usciranno vincenti dal secondo turno elettorale. 

"Nel corso dell'ultima tornata elettorale - dicono dal Comitato -, proprio la questione omosessuale, è stata centrale e fonte di dibattito, approfondimento e persino scontro, tutti elementi che costituiscono il sale della Democrazia. Stando ai risultati del voto, e alla vigilia dei ballottaggi, gli italiani hanno bellamente ignorato coloro che agitavano l'omosessualità come uno spauracchio degno di repulsione e hanno preferito chi ha aperto, esprimendo tutta la sua vicinanza all'Europa, alle unioni civili e al matrimonio civile gay. Gli italiani hanno votato chi ha inserito nel programma elettorale la lotta all'omofobia, che a livello comunale e provinciale può fare la differenza, e chi, da candidato, non ha avuto remore a interloquire direttamente con la comunità lgbt fuori da quell'ambiguità dialettica che ci propinano quotidianamente deputati e senatori. Fiduciosi quindi che a livello comunale e provinciale si stia imponendo un rinnovato modo di avvicinarsi alle rivendicazioni lgbt siamo a chiedere ai futuri sindaci, presidenti provinciali, assessori e consiglieri di tradurre le parole di vicinanza e solidarietà spese nei nostri confronti in atti concreti".

Il cinema gay va in scena al Queering Roma, dal 3 al 5 Giugno 2011

Dopo il grande successo ottenuto nel 2010, il festival  del cinema gay della Capitale, il “Queering Roma“, tornerà anche quest’anno, il 3, 4 e 5 Giugno 2011, a Roma, nel quartiere Pigneto, presso il Nuovo Cinema Aquila. Il festival lgbt, che sarà organizzato dall’associazione Armilla, nasce in collaborazione con la famosissima manifestazione del cinema lgbt Da Sodoma a Hollywood“, dalla quale saranno tratti diversi importanti film che trattano il tema dell’omosessualità, dell’omofobia, dell’amore gay, del difficile percorso che devono affrontare le persone transessuali, della passione gay e tanto altro ancora.
Sono davvero moltissimi i film che verranno proiettati nel corso del festival “Queering Roma”, e lo scopo principale di questi film sarà quello di smascherare gli stereotipi e i pregiudizi che dominano la società.
 
Fra i vari film e documentari in programma, sarà proiettato anche “Becoming Chaz“, del quale vi avevo parlato diversi mesi fa. Si tratta del documentario sul percorso – senza dubbio non facile, anche a causa della morbosa attenzione riservatale da parte dei media – affrontato da Chastity Bono (oggi Chaz Bono), il figlio di Cher e di Sonny Bono, che è diventato uomo poco tempo fa.
 
Un altro tema importante in questo festival gay, è senza dubbio quello delbullismo omofobico, causa di tanti, troppi suicidi nelle scuole di tutto il mondo. Il tema verrà affrontato proiettando la pellicola di “Fit“, film prodotto grazie all’impegno dell’associazione Stonewall in Gran Bretagna.
 
Se volete ulteriori informazioni vi consiglio di visitare il sito ufficiale del festivalwww.queeringroma.it.

Orgogliosamente gay e anticlericale


Riceviamo e pubblichiamo - Il 26 notte si è spento nella sua casa di Bagnaia Peter Boom, attore, cantante ma soprattutto attivista gay a tempo pieno fin dai primordi del movimento stesso.
Peter Boom era nato in Olanda il 31 marzo 1936. Si era stabilito in Italia nel lontano 1956; italiano d’adozione, aveva pur sempre mantenuto la sua specificità caparbia e a tratti intransigente, tipica della cultura del paese dei tulipani.
Arrivò in Italia non per caso, ma per studiare canto e poi recitazione, le sue grandi passioni che elesse anche a professione per il resto della sua vita.
A 23 anni un rapporto fugace con un pianista scopre la propria omosessualità, gli piace la vive immediatamente come un dono prezioso della natura e non certo un dramma. Per cui niente da nascondere o di cui vergognarsi.
Più facile a dirsi che a farsi visto che eravamo alla fine degli anni ’50 del secolo scorso. E’ dichiaratamente omosessuale, un fatto più unico che raro nell’Italia di quegli anni, dove l’unico gay (poi trans)visibile in quel periodo era la “scandalosa” Giò Stajano Starace. Si dichiara anche con la madre che lo accetta ma che si rammarica perché secondo lei l’essere gay gli renderà la vita decisamente più difficile.
Vivere apertamente la propria omosessualità, se libera lo spirito, non lo aiutò sicuramente nella vita lavorativa nell’Italia fintamente bigotta del fare ma non dire. Continua a lavorare molto, ma gli vengono sempre preclusi ruoli importanti proprio a causa del suo essere dichiarato. Nel frattempo cresce il suo attivismo politico.
Il 5 e 6 aprile 1972 infatti prende parte alla famosa protesta di Sanremo contro il congresso di sessuologia promosso dal Cis, un congresso che preparava la strada ad una legge per rendere l’omosessualità reato in Italia. Il successo della protesta fu enorme ed inaudito. Il congresso fallì miseramente e l’Italia conobbe la sua prima sollevazione gay della storia. Peter Boom faceva appunto parte di quel manipolo di coraggiosi, fra cui figuravano Angelo Pezzana e Mario Mieli.
Nel maggio del 1972 pubblicò il primo 45 giri gay italiano “Lui ama Lui”/”Fuori”, con testi molto politici e rivendicativi. Uno dei brani richiama proprio al nome del primo movimento gay italiano Fuori, Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, e di cui è stato uno dei primi militanti.
Tanto coraggio andava punito. Il disco fu sequestrato con un cavillo e un teatro famoso per cui allora lavorava lo lincenziò perché “non volevano persone come lui”.
Peter Boom univa alla sua militanza gay anche un accesso anticlericalismo. Nel 1976 il diplomatico e scrittore Roger Peyrefitte parlò di omosessualità di Paolo VI e della relazione di questi con un attore. Il Papa smentì sdegnosamente di sua bocca, anche se probabilmente non aveva convinto molti. Sulla questione intervenne anche Peter Boom su Radio Antenna Musica affermando: “Non so se papa Montini sia omosessuale o meno, ma se lo fosse sarebbe la persona più abietta e ipocrita del mondo”.
Era davvero troppo per il clericalismo dominante: nel 1976 i carabinieri irruppero nella sua casa con il pretesto di accuse infamanti e ovviamente false. Subì anche un “incidente” che gli provocò diverse abrasioni. Il messaggio era chiaro…
Ma Peter Boom non si ferma e negli anni seguenti è attivo nell’area movimentista romana dove conosce don Marco Bisceglia (fondatore di Arcigay Nazionale), Niki Vendola, Franco Grillini, Maria Silvia Spolatoe molti altri. Fonda insieme ad altri l’Arcigay di Roma e comincia a collaborare con Massimo Consoli alla Gay House. Suoi molti spettacoli che vengono allestiti nel locale romano.
Poi si sposterà a vivere nella provincia di Viterbo, prima a Nepi e poi a Bagnaia dove continuerà ad essere attivo e a dare “scandalo”.
A Nepi scatena una vera bagarre rivelando su un giornale locale la vita sessuale “segreta” della cittadina. Produce in proposito anche un video in collaborazione con Paolo D’Arpini intitolato “Un barbaro a Nepi”. Poi convince una coppia gay ad andare dal sindaco per chiedergli di sposarli. Il tabù è rotto, ma lui paga in prima persona il suo coraggio, finendo completamente isolato. Si sposta quindi a vivere a Bagnaia e negli anni ’90 è fra gli animatori dell’Arcigay di Viterbo.
Nel 1998 si spende molto per organizzare la commemorazione diAlfredo Ormando, il martire gay che si era immolato dandosi fuoco in Piazza San Pietro per protestare nella maniera più radicale contro l’oppressione omofobica della chiesa cattolica. Peter è estremamente colpito da quel gesto così estremo di denuncia e fa della ricorrenza un elemento centrale del suo attivismo. Anche e forse soprattutto grazie a lui la commemorazione di Alfredo Ormando è diventata la “Giornata internazionale contro la discriminazione omosessuale su base religiosa”, celebrata ogni anno il 13 gennaio davanti il Vaticano.
Negli ultimi anni della sua vita, oltre a continuare a lavorare come cantante ed attore (la sua ultima partecipazione sarà nel film di Nanni Moretti “Habemus Papam”, nelle sale in questi giorni) si dedica allo studio della sessualità umana. Esprime il suo punto di vista scrivendo la “Teoria della Pansessualità” che divulga anche in congressi e conferenze.
Questa è la sua vita, che è anche un pezzo della nostra, quel soffio di libertà e di emancipazione che è iniziato a spirare grazie a lui e ai pochi come lui. Le sue, le loro battaglie oggi sono le nostre e vinceremo, perché abbiamo dalla nostra le ragioni dell’amore.

Mi presento.

Ciao a tutti.
Io sono un ragazzo gay, e questa è la mia vita.
Con le sue insidie e i suoi favolosi attimi.